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Nabokov e Orwell tra dittatori, farfalle e rospi

mondo-sinistroNel 2013 la casa editrice Adelphi ha pubblicato con il titolo Un mondo sinistro una nuova traduzione italiana, ad opera di Franca Pece, di Bend sinister di Vladimir Nabokov (libro del 1947, già pubblicato in italiano da A. Mondadori nella traduzione di Bruno Oddera con il titolo I bastardi).

Nel romanzo, il potere è stato conquistato dal dittatore Paduk, creatore del Partito dell’Uomo Comune. L’ideologia ufficiale del regime è l’ekwilismo, basato su un “trattato farneticante” scritto da un tale Fradrik Skotoma quando era ottantacinquenne e in stato di “rimbambimento” e pubblicato dal padre di Paduk (p.95). Skotoma, cui è pure intitolata una piazza (p.58) della città ribattezzata Padukgrad (p.199), sosteneva che i guai dell’umanità dipendevano da una distribuzione ineguale delle qualità umane (pp.95-96).

“Era vero che il socialismo aveva propugnato l’uguaglianza sul piano economico, e la religione aveva risolutamente promesso la stessa cosa in termini spirituali come status inevitabile nell’oltretomba. Ma l’economista non aveva capito che il livellamento della ricchezza non poteva essere efficacemente realizzato, né avere un peso reale fino a quando fossero esistiti individui con più cervello o più fegato di altri; e analogamente il prete non aveva colto la futilità della sua promessa metafisica riguardo a quegli individui privilegiati […] per i quali già questo mondo è un paradiso […]” (p.96)

La soluzione, per lo squinternato pensatore, era quindi “riplasmare gli esseri umani in conformità a un modello ben equilibrato” (p.97 – da “equilibrio” deriva il termine ekwilismo). Paduk trasforma queste vaghe assurdità “in una dottrina politica violenta e virulenta” (p.97) da attuare, come dice, “conformando idee ed emozioni a quelle di una maggioranza armoniosa; […] estirpando tutte le opinioni arroganti che la comunità non condivide” (p.118).

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Il titolo originale del romanzo è Bend sinister, un termine araldico che indica la fascia che percorre in diagonale uno stemma dal vertice destro in alto fino a sinistra in basso (in italiano: sbarra). Nell’introduzione, Nabokov scrive che la sbarra è comunemente, ma erroneamente, ritenuta un segno di una nascita “illegittima” (questo è ahinoi il termine in uso, anche se il fatto che si usi l’aggettivo “illegittimo” per un bambino è comunque un segno di barbarie sociale). Da ciò, a quanto pare, verrebbe il titolo I bastardi dato alla prima edizione italiana del libro. Curiosamente sulla copertina c’è però un bend dexter (in italiano: banda) e non un bend sinister.

Scrittori e lettori

La narrazione con tocchi surreali poteva fare accostare Un mondo sinistro e il precedente romanzo Invito a una decapitazione (*) alle opere di Franz Kafka. Trattandosi di immaginarie società repressive, si poteva riferirsi al filone delle antiutopie chiamando in causa, dopo che fu pubblicato (i due romanzi di Nabokov sono precedenti), il più famoso esempio, 1984 di George Orwell. Nabokov non condivideva però l’idea di accostare le sue opere a quelle di Kafka, Orwell e in generale ad altri autori: “Le affinità spirituali non trovano posto nella mia concezione della critica letteraria” (**).

(*) Priglašenie na kazn’, pubblicato a puntate su una rivista tra il 1935 e il 1936. Traduzione italiana: Invito a una decapitazione, Milano : A. Mondadori, 1961.
(**) Prefazione dell’autore a Invito a una decapitazione, cit., p.12.

Nabokov scrisse che apprezzava Kafka. Negò comunque ogni influsso dello scrittore praghese sui suoi citati romanzi, dicendo che, quando scrisse Invito a una decapitazione, non aveva ancora letto nulla di Kafka (*). Liquidò invece in modo piuttosto sprezzante Orwell. In una sua prefazione a Invito a una decapitazione scrisse: “se dovessi scegliere uno spirito affine al mio, lo troverei certo in quel grande scrittore [Kafka] più che in G. H. [sic] Orwell o in altri fornitori di idee illustrate e di narrativa pubblicistica” (**). Nell’introduzione a Un mondo sinistro inserita anche nelle due edizioni italiane citate, Nabokov respinge ancora i paralleli con i due autori scrivendo che “i paragoni automatici fra Un mondo sinistro e le creazioni di Kafka o i cliché di Orwell alla fine dimostrerebbero soltanto che l’automa non ha letto né il grande autore tedesco né il mediocre scrittore inglese” (p.13).

(*) Prefazione dell’autore a Invito a una decapitazione, cit., pp.11-12.
(**) Prefazione dell’autore a Invito a una decapitazione, cit., p. 12. La H come iniziale di un presunto secondo nome di Orwell è un errore di Nabokov: Orwell (pseudonimo di Eric Arthur Blair) aveva un solo nome, George. Forse Nabokov è stato tratto in inganno dall’assonanza con H. G. Wells?

Nabokov ritiene dunque i suoi due romanzi antiutopici superiori a quello di Orwell. Personalmente sono di parere opposto. I romanzi di Nabokov hanno un linguaggio più sofisticato, ma questo non implica necessariamente una maggiore qualità letteraria. Orwell, in 1984, offre una visione memorabile di uno stato totalitario e degli effetti sui suoi abitanti, decisamente superiore a quella di Invito a una decapitazione e Un mondo sinistro. Con buona pace di Nabokov, non ho alcun dubbio nel ritenere che quello di Orwell sia un libro migliore dei suoi due.

Nell’introduzione a Un mondo sinistro, Nabokov ha modo inoltre di esprimere la sua disapprovazione anche per “quella porcheria di Werfel, Il canto di Bernadette“, e per i “romanzi scadenti” di Erich Maria Remarque (Niente di nuovo sul fronte occidentale) e di Michail Šolochov (Il placido Don) (p.17). Non sono comunque solo gli autori a finire nel mirino di Nabokov. C’è spazio anche per noi lettori. Dopo averci spiegato i riferimenti che ha disseminato nel romanzo, ritiene “lecito domandarsi se per uno scrittore valga la pena di escogitare e distribuire tali raffinate lapidi commemorative”, tanto più che “alla maggior parte dei lettori non importerà essersi persi tutto ciò”. D’altra parte, che importa all’esimio scrittore di noi lettori che non capiamo i suoi colti giochi letterari? “Alla fin fine,” dice con sollievo Nabokov, “la sola cosa che conta è la soddisfazione personale dell’autore” (p.18).

Devo ammettere che in effetti, leggendo il romanzo, non ho colto parte dei richiami (ho letto l’introduzione dopo il romanzo: quando ho visto che l’introduzione faceva riferimento alla trama del libro, ho preferito rimandarne la lettura). Nabokov ha ragione pure su un altro punto: in effetti, non è che mi importi più di tanto delle straordinarie rivelazioni della sua introduzione. Avevo notato, in effetti, che l’immagine della buca “spatoliforme” si ripete all’interno del libro (anche perché, nella traduzione italiana, l’aggettivo “spatoliforme” non passa facilmente inosservato), ma, a essere sincero, non mi sembra una trovata da annotare nella storia della letteratura mondiale.

Detto questo, la prima apparizione della buca spatoliforme, proprio all’inizio del libro, in cui la pozzanghera formatasi in una frattura dell’asfalto è presentata come “simile a un’orma stravagante riempita fino all’orlo di mercurio” (p.23), è, per i miei gusti di rozzo lettore, una buona immagine. Rende bene l’idea del cielo grigio che si riflette nell’acqua. Al contrario, il mio gusto personale non apprezza molto il resto della descrizione della buca, con la “nera umidità tentacolare” che la circonda e le “foglie morte di un uggioso grigio spento. Annegate, direi”. Lo stesso potrei dire del resto del libro: ci sono qua e là buone immagini, ma anche soluzioni meno convincenti.

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Polyommatus icari (foto di Luc Viatour, via Wikimedia Commons)

Scrittore e naturalista

Nabokov è conosciuto soprattutto come scrittore, ma era anche uno studioso di farfalle. In questo campo, come precisa Stephen Jay Gould, “Nabokov non era un dilettante (inteso nel senso peggiorativo del termine), ma un tassonomista che lavorava come tale, qualificato e dotato di un chiaro talento, riconosciuto in tutto il mondo come specialista della biologia e della classificazione di un importante gruppo di lepidotteri, i Polyommatini dell’America Latina” (*).

(*) Stephen Jay Gould, Non esiste scienza senza fantasia, né arte senza fatti: le farfalle di Vladimir Nabokov, in Id., I have landed, Torino : Codice, 2009, pp.23-53; il passo qui riportato è a p.25.

In Un mondo sinistro c’è un riferimento alla tassonomia quando viene detto che Krug, il protagonista del romanzo, voleva trovare “qualcosa che appartenesse non soltanto a una specie, o a un genere, o a una famiglia, o a un ordine non ancora descritti, bensì qualcosa che rappresentasse una classe nuova di zecca” (p.194).

Nabokov trova un paragone biologico anche quando accenna a una partitella di calcio tra ragazzi: “Lo sbadiglio del sottopasso e il portone della scuola, alle due estremità opposte del cortile, si tramutavano nelle porte del gol, allo stesso modo in cui l’organo normale di una specie animale muta radicalmente quando svolge una funzione diversa in un’altra specie” (p.85).

Un riferimento scientifico (“un legame filogenetico”) compare anche nella descrizione dei posti a sedere nei mezzi di trasporto: “Il duro cuoio puritano (sul quale erano seduti) era davvero l’ultimo residuo di un legame filogenetico tra il concetto moderno e assai discriminatorio della carrozza ferroviaria di lusso a posti individuali e la panca comune delle diligenze di lusso” (p.135).

C’è un buon paragone entomologico quando l’autore scrive che le maschere antigas “viste di profilo somigliavano in modo impressionante a teste di formiche assai ingrandite” (p.227). Tra gli insetti sono citate anche le lucciole (p.100) e, naturalmente, le farfalle, di cui diremo più sotto.

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Raffaello, Pesca miracolosa, particolare
(da Wikimedia Commons)

Interessante è un’osservazione, avulsa dalla trama del libro, sui pesci raffigurati in un’opera di Raffaello:

“Truganini, l’ultima dei Tasmaniani, morì nel 1877, ma l’ultimo dei Kruganini non riusciva a ricordare come questo si collegasse al fatto che i pesci commestibili della Galilea del primo secolo d. C. fossero soprattutto cromidi e barbi, benché nella rappresentazione che Raffaello fa della pesca miracolosa compaiano tra varie forme pescine indefinibili, create dalla fantasia del giovane pittore, due esemplari che appartengono chiaramente alla famiglia dei raidi, mai trovata in acqua dolce” (pp.176-177; ho ritoccato la traduzione (*))

Non so se c’è qualche riferimento che non ho colto (a parte il gioco di parole tra il nome di Truganini (**) e il cognome del protagonista del libro, Krug). Comunque si potrebbe fare un “collegamento” notando che l’unica specie di raidi trovata in acque (quasi) dolci è la Zearaja maugeana, scoperta in estuari della Tasmania (***). Si tratta però, ovviamente, di una coincidenza dato che la descrizione di questa specie è recente e Nabokov non poteva quindi conoscerla.

(*) La parte finale, nel testo originale inglese, è: “two specimens which obviously belong to the skate family, never found in fresh water”, che viene tradotto in questa edizione italiana con “due specie che appartengono chiaramente alla famiglia delle razze, mai trovata in acqua dolce”. Specimens, però, significa “esemplari”, non “specie” (nella precedente edizione (p.154) la traduzione era corretta). La skate family è la famiglia dei raidi (Rajidae), una, ma non l’unica, famiglia di razze. Per le razze in generale, d’altra parte, Nabokov non avrebbe potuto dire che nessuna era stata “mai trovata in acqua dolce”: p.e. la Himantura polylepis, razza della famiglia dei dasiatidi, vive in acque dolci così come le razze della famiglia dei potamotrigonidi.
(**) La data di morte di Truganini riportata da Nabokov non pare esatta: quella corretta dovrebbe essere il 1876. Cfr p.e. . la voce, di Lyndall Ryan e Neil Smith, per l’Australian Dictionary of Biography, consultabile online qui.
(***) “Specimens have been caught in a broad range of brackish salinities to almost fresh water (pers. obs.)” (D. Gledhill e P. Last, Zearaja maugeana, in “IUCN Red List of Threatened Species”. La scheda è datata 2005, prima ancora che i due autori dessero all’animale il nome ora anche lì riportato, attribuito con la descrizione nell’articolo seguente: Peter C. Last – Daniel C. Gledhill, The Maugean Skate, Zearaja maugeana sp. nov. (Rajiformes: Rajidae) — a micro-endemic, Gondwanan relict from Tasmanian estuaries, “Zootaxa”, n.1494 (2007), pp.45–65, consultabile online (formato pdf).

Non è l’unico caso in cui Nabokov ha inserito in suo romanzo un’osservazione di carattere naturalistico su un dipinto. In Ada o ardore, ha preso in esame due farfalle nel Giardino delle delizie di Hyeronimus Bosch (in un caso, per la precisione, è una figura di fantasia che porta ali di farfalla – una Maniola jurtina, come precisa Nabokov) (*).

(*) Vladimir Nabokov, Ada o ardore, Milano : Mondolibri, 2000, p.451. Cfr Gould, Non esiste scienza senza fantasia, cit., p.39. Nabokov aveva già identificato le ali della figura del dipinto di Bosch con quelle di una Maniola jurtina in una lettera alla rivista “Life”, 5 dicembre 1949, p.6.

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Smerinthus ocellatus (foto di Didier Descouens, da Wikimedia Commons)

Le farfalle, come ricordato sopra, erano la specialità di Nabokov. In Un mondo sinistro, le farfalle sono gli animali citati più volte (*), anche se si tratta quasi sempre di cenni rapidi che non si soffermano a descrivere l’animale. Fa eccezione un passo in cui Nabokov presenta una falena Smerinthus ocellatus: “aggrappata con le sei zampette lanuginose al polpastrello del pollice, la punta del corpo grigio topo appena curvata all’infuori, le corte ali inferiori rosse e ocellate d’azzurro bizzarramente spinte in avanti sotto quelle superiori inclinate che erano lunghe e marezzate e profondamente dentellate” (p.156; la stessa falena è nominata a p.200).

(*) Dieter E. Zimmer ha cercato tutte le citazioni di farfalle nelle opere di Nabokov e ha compilato A guide to Nabokov’s butterflies and moths, consultabile online qui.

Nelle pagine del libro si incontrano “falene grandi quanto un ventaglio aperto” (p.100), bruchi che scavano “fori ripugnanti” nelle foglie dei cavoli (p.114), vanesse del cardo (Vanessa cardui) che volano sui fiori che danno loro il nome (p.177). Nell’ultimo capitolo c’è una grande falena con “zampette pelose”, “ali marezzate”, occhi “incandescenti come due braci in miniatura” (p.259) e il libro si conclude con le parole “a good time for mothing”, che nell’edizione italiana sono riportate in lingua originale e seguite dalla traduzione “Notte propizia per andare a caccia di falene” (p.259) (*).

(*) Nell’introduzione, Nabokov sottolinea che mothing “non è un refuso (come invece fu creduto in passato da almeno un correttore di bozze)” (p.18). Come è facile intuire, lo scrittore intende dire che qualcuno potrebbe credere che la parola corretta, invece che mothing (cacciare falene), sia nothing (niente).

Una citazione che potrebbe sfuggire ai non esperti di farfalle (stranamente Nabokov non la menziona, nell’introduzione, nell’elenco delle sue trovate) è quella del “cielo Blue Morpho” (p.245; nell’originale inglese “a morpho-blue sky”): blue morpho è il nome attribuito ad alcune farfalle del genere Morpho dotate di ali azzurre.

In una circolare propagandistica del regime di Paduk si dice che, “quando mezzo milione di lavoratori americani del settore tessile scioperarono, […] la fotografia che riscosse più successo, apparsa su tutti i giornali capitalistici del tempo, fu quella di due rare farfalle […]. Ma neppure una parola sullo sciopero dei lavoratori del tessile!” (p.187).

Farfalle, rospi e i problemi del mondo

Cosa avrebbe detto George Orwell (torniamo a lui) di una situazione come quella che Nabokov ha immaginato per la propaganda del regime immaginario del suo romanzo? Da uomo di sinistra radicale quale era, Orwell avrebbe senza dubbio simpatizzato con gli scioperanti, come fece, per esempio, in occasione di uno sciopero dei minatori nel 1944 (*). Non avrebbe avuto, però, nulla da ridire sullo spazio concesso alle farfalle.

(*) George Orwell, London letter to Partisan Review, in The collected essays, journalism and letters of George Orwell, Harmondsworth : Penguin, 1987, pp.149-151.

smothered-under-journalismIn un articolo pubblicato nel 1946, dopo aver descritto alcuni segni dell’arrivo della primavera, con una speciale predilezione per i rospi (che danno il titolo all’articolo, Some thoughts on the common toad) (*), Orwell scriveva che “qualsiasi riferimento favorevole alla natura” rischiava di essere etichettato dai direttori dei giornali di sinistra come sentimentalismo inutile o addirittura nocivo perché avrebbe condotto “a una sorta di quietismo politico” e sarebbe stato un indice di una tendenza reazionaria contro il progresso.

(*) George Orwell, Some thoughts on the common toad, in Collected essays, journalism and letters of George Orwell, Harmondsworth : Penguin, 1970, vol. IV, pp.171-175, e in Smothered under journalism [il volume fa parte di The complete works of George Orwell], London : Secker and Warburg, 1998, pp.238-240; tr. it. Elogio del rospo, in George Orwell, Tra sdegno e passione, a cura di Enzo Giachino, Milano : Rizzoli, 1977, pp.412-415, e in George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi, a cura di Silvio Perrella, Milano : Bompiani, 1996, pp.342-346.

Orwell non era affatto d’accordo: “se distruggiamo ogni piacere nel corso della vita, quale specie di futuro ci prepareremo? Se non si sa godere per il ritorno della primavera, come faremo a essere felici in un’utopia che ci risparmi il lavoro? […] Credo che, conservando il proprio amore infantile per alberi, pesci, farfalle e – per tornare al punto di partenza – rospi, ci si prepara meglio un pacifico e onesto futuro, mentre invece sostenendo che nulla deve essere ammirato, tranne l’acciaio e il cemento armato, si rende più probabile una situazione in cui gli esseri umani non avranno altro sfogo per le loro superflue energie se non l’odio e l’adorazione di un qualche duce”.

Un altro episodio in cui qualcuno mette in contrapposizione le farfalle e i problemi del mondo lo racconta Sean B. Carroll nel suo libro Infinite forme bellissime (il titolo è, come molti avranno notato, un omaggio alla conclusione dell’Origine delle specie di Darwin) (*). Carroll aveva scoperto un legame tra un gene (distal-less) e le macchie sulle ali delle farfalle, scoperta che, dopo essere stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Science”, aveva attratto anche l’attenzione del “New York Times” e altri media, così che lo studioso aveva avuto il suo “quarto d’ora di gloria” al di fuori del giro degli specialisti. Una curiosa conseguenza di questo successo mediatico dello studio fu una lettera in cui l’anonimo mittente rimproverava Carroll: “E’ una vergogna che voi cervelli non vi mettiate insieme per aiutare a risolvere i problemi della Terra invece di usare i talenti che Dio vi ha dato e i soldi delle nostre tasse per scoprire quali geni determinano il colore delle ali delle farfalle” (**).

(*) “Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che […] si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite forme estremamente belle e meravigliose” (Charles Darwin, L’origine delle specie per selezione naturale, Roma : Newton Compton, 1989, p.428).
(**) Sean B. Carroll, Infinite forme bellissime, Torino : Codice, 2011, p.206.

George Orwell

Pensa che lo Stato o qualche altra istituzione dovrebbero fare di più per gli scrittori?

“La sola cosa utile che può fare lo Stato è indirizzare più soldi all’acquisto di libri per le biblioteche pubbliche”

George Orwell

Risposta di George Orwell per l’inchiesta The Cost of Letters, in “Horizon”, settembre 1946, ripubblicata in The Collected Essays, Journalism and Letters of George Orwell, a cura di Sonia Orwell e Ian Angus, vol. IV, Harmondsworth : Penguin, 1986, p.237.